Somewhere in Paris

by Rebecca
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Con l’arrivo dei primi caldi, il desiderio di fuggire si fa pressante. Sono di facili gusti e mi accontento di poco, ma certo è che Parigi rimane la mia meta preferita da qualche anno a questa parte. Potrei viverci, anche se devo proprio specificare che: VORREI viverci. Viverla, nella settimane in cui sono stata in questa città di Luce, è stato naturale ed è stato il minimo che potessi fare per onorarla e ringraziarla d’esser ciò che è, punto nevralgico di anime alla ricerca di sè.

 Credo di averlo detto spesse volte, che ogni città, ogni luogo, possiede una luce che solo in quel luogo puoi incontrare. E’ tra molti, il segno distintivo. Credo che la luce di Parigi, in nessun altro luogo si trovi, come in nessun altro luogo la luce che ha Roma è replicabile. Toni del bianco, del grigio, dell’oro, ogni vecchia ‘signora’ con il suo bagaglio di luce, splendore, di gioielli incastonati su un corpo che mai appare vecchio e rugoso, ma solo vissuto, tracciato dalle anime. Come una donna segnata dalle labbra degli amanti, desiderata e posta sopra ogni cosa, come unico oggetto del desiderio.

Sono piccoli particolari che a volte sfuggono anche agli obiettivi dei fotografi più esperti. Something in the air…
Vuelvo al Sur  dei Gotan Project, pare che si esprima al meglio sulle mie sensazioni più romantiche, passionali, emotivamente incendiarie…quando si parla della mia Parigi amorosa.
La luce, le vie nascoste che rivelano l’anima autentica di Parigi, i caffè, gli artisti, i turisti, i parigini in fuga sulle vie ed in metropolitana, le cattedrali assonate brulicanti d’anime come mai avrebbero immaginato i maestri che le hanno costruite; le chiese, i musei, i parchi, le torri, di ferro o cemento che siano, i tramonti, gli innamorati, i gatti odorosi di olio di rose, i ristoranti di ogni etnia. Stranieri che propongono parte di loro, onesti e fieri d’esser quello che sono, sebbene in una città straniera. I greci che accolgono il viaggiatore con piatti rotti sull’uscio, con brindisi sfrenati, i libanesi che concupiscono cuore e mente con dolcezze mai nemmeno immaginate, lette forse qualche volta nei libri di Mille e una Notte. Cucina locale, bretone…cucina inventata, reinventata, sperimentata, immaginata, giocata, rubata, appresa, desiderata, offerta, donata con cuore.
Sono milioni di destini intrecciati, cuori che battono al ritmo delle onde della Senna, dei flutti che s’infrangono sul cemento, dove i piedi intrecciati degli amanti raccontano storie, nascostamente. Bateaux mouches guidati da intrepidi traghettatori d’anime, Caronti la cui impresa viene disturbata da Amorini, da Eros che felicemente danza sulla loro spalla, nell’ebrezza amorosa che Parigi sostiene da secoli.
Sotto i tetti, nelle mansarde, nel palpitante fruscìo di tessuti che scivolano su morbidi fianchi, mentre le passerelle si dischiudono all’occhio curioso del mondo, indagatore…senza disprezzo per una modernità che vuole solo ricercare l’essenza ancestrale di ciò che l’umanità era. Non vige solo la legge del dio denaro….è sopravvissuto in qualche modo anche uno spazio che affaccia le proprio finestre sul mondo antico. Ritrovarlo non è facile, se non si ha pazienza e voglia di cercarlo.
Io in questo turbinio di emozioni mi sono tuffata senza remora alcuna, speranzosa d’esser travolta dall’onda. Speravo di comprendere perchè Parigi fosse tanto amata, speravo che Parigi mi facesse girare la testa…e così è stato, anche di più…
Nei luoghi del mito gastronomico, culturale, emotivo. Ovunque i miei piedi hanno vagabondato. Poche volte abbiamo sfruttato la comoda metropolitana. Solo quando i tempi stringevano, solo quando i nostri passi si erano così allontanati dall’albergo che anche la metropolitana impiegava buone mezz’ore di transito. Non credo di aver mai girato tanto a piedi, con stupore, delizia, voglia di scoprire. Non credo di aver mai sfidato tanto il mio corpo e la sua immane fatica. La Tour Eiffel scalata a piedi fin dove è possibile, il Sacro Cuore con oltre 200 scalini, fino in cima, alla cupola, mentre un caldo torrido di agosto stringeva il petto. Strade, viuzze, per cercare quella cosa che ancora nessuno aveva scovato. Per deliziarmi delle cose nascoste che solo i parigini di buon piede conoscono, tra librerie antiche, boulangerie profumate, patisserie da sogno che sfornano cremosità avvolte in veli di caramello e vaniglia.
Un sogno vissuto in due, ospiti di questa Signora premurosa, amorevole, testarda, incantatrice. Sono grata alla sua anima, perchè come ho intrecciato i passi a quelli dell’uomo che amo in quei momenti, non credo di aver mai fatto.
Voglio replicare, ora che non siamo più due ma tre…voglio replicare e ammantare di emozioni la mia piccola lucina. Che possa gioire e correre nei giardini colorati della Signora di Luce. 
Ville Lumière…

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3 comments

Anonimo 29 Giugno 2012 - 21:22

Ci sono stata una sola volta a Parigi e troppo in fretta per potermela gustare… sulle prime mi è sembrata troppo caotica, ma forse per il troppo turismo e perché non sopporto la troppa gente… io amo i luoghi desolati… eppure Parigi ispira senza dubbio 🙂 forse è proprio da scoprire quel suo lato multi-etnico, culinario e amoroso… ci sarà pure un motivo per cui è la città dell'amore?! *.*
Danina

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Miss Becky 30 Giugno 2012 - 10:39

Dare un senso al caos non è facile. Per me, eremita, in Parigi ho scoperto 'casa', avvolgente e per nulla caotica. Ad agosto, con i parigini in vacanza, la città è dei turisti. Errabondi innamorati in cerca di Bellezza!

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Francesca P. 11 Marzo 2013 - 23:46

Eccola, l'amata e sospirata Parigi… una città che ogni volta mi stupisce sempre di più, scopro nuovi angoli, localini, rue nascoste, negozi dove comprerei tutto…
Parigi è cuore.

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