Spicy pickled radishes, turnips and red onions

by Rebecca
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pickled radishes

OnAir: M83 – Outro

In alto, dove l’aria è più fredda, il lamento di un gabbiano. Sta correndo verso le prime colline. Il suo volo solitario mi turba, mentre intona un lamento flebile, disperato, come fosse al limite delle forze. Chi stia cercando non è dato saperlo.
Più giù, c’è il ronzio allegro dei bombi che nidificano nei muri del mio balcone. Il volo e la cerca frenetica dei merli che devono sfamare i piccoli.
I ciliegi vestiti per le Nozze della Primavera ora tolgono il velo bianco, si spogliano ad ogni refolo d’aria in un sogno hanami.
L’odore del prato falciato è inebriante e lenisce quel dolore che mi prende quando insieme all’erba falciano tutti i fiori indispensabili ai prònubi.
E’ meditando sulla natura selvaggia, su questa necessità che l’uomo ha di contenerla e sopraffarla per sentirsi ordinato e civile, che stamattina sono andata più a fondo nella comprensione di alcune cose di me.
Le mie radici. Chi sono Io. Sono la casa che abito? Sono il luogo che abito? Sono il luogo che ho lasciato molti anni fa? Come dovrebbe chiamarsi colui che è stato strappato al luogo dove è nato e poi trapiantato altrove? Forse pianta da appartamento che vive in un vaso?
Sono confusi certe volte i miei sentimenti al riguardo. Sono confuse le mie emozioni. Confuse perché alterno il sentimento di sentirmi cittadina e abitante del mondo a quello di sentirmi estranea ovunque. Sono rumena quando sono in Italia e sono italiana quando sono in Romania. Una tale mescolanza ed un tale eradicamento, da non essere più nè l’una nè l’altra.
La consapevolezza che dove sono è esattamente dove dovevo essere. La consapevolezza che da dove mi hanno portata via ha generato un dolore che non potrò rimarginare o guarire. Potrò lenire tornando di tanto in tanto.
La consapevolezza che mi sentirei a casa ed estranea ovunque nel mondo, perfino nella mia amata Parigi. Forse perché io sono estranea a me stessa.
Questo bellissimo viaggio che intraprendiamo con la venuta al mondo è fatto di scoperta. Scoperta e comprensione di sè e degli altri. E’ una ricerca continua. Siamo esploratori di sogni, di sentimenti, siamo un po’ come le api bombo che depositano nelle fessure del tempo piccole scintille di sè, che nutriamo e coccoliamo per un po’. Perché quelle scintille alimentate diventeranno stelle a comporre l’intrinseco universo che è il nostro esistere.
Forse proprio quando mi perdo così, che ritorno alla Sorgente. A casa. Dove sono nata, dove sono cresciuta tra i fornelli, aggrappata con forza al grembiule di nonna.
Forse quando mi sento così stanca e persa e senza meta, che ritorno su sentieri che altri passi prima di me hanno percorso. E non sempre conosco il peso di quei passi o la profondità dei solchi. Conosco solo il peso e la profondità che hanno per me. Ma mi lascio andare. Chiudo gli occhi e vedo la pentola di acqua e aceto sul fuoco. Vedo la mano di nonna che conta il numero di grani di pepe messicano e di pimento giamaicano. Prende a cucchiaiate i semi di senape selvatica, e i fiocchi di peperoncino. Sento l’odore di tutte le verdure tagliate. Carote, sedano, sedano rapa, rape, verze, cavolfiori, radici di scorzabianca e foglie di levistico. Vedo i vasi vuoti disposti in fila scintillare. Tutto è così alto e fuori dalla mia portata.
Poi apro gli occhi e sono nella mia cucina. Altrettanti vasetti vuoti davanti a me. La pentola sul fuoco. Ravanelli e rapa tagliati finemente a rondelle. Sento l’odore delle spezie. Qualcosa di nuovo entra a farne parte.
E ricomincio da qui. Ricomincio da quella me che avevo perso nella ricerca. E non so mai il peso, le misure, non c’è scritto sul quaderno. E’ tutto nella mente. Peso con la memoria, misuro con i sentimenti, con il naso, con i profumi percepiti. Aggiungo poco per volta. Perché lei era una Strega in cucina e un po’ strega la sono anche io davanti ai miei contenitori, alle mie spezie, al mio calderone.
Vi lascio la ricetta dei sottaceti di nonna, rivisitati, con quel poco di me in più.

radishes

Grandma’s pickled vegetables
Ingredienti per due vasetti da 300gr: 1 mazzo di ravanelli, 3 cipolle rosse piccole, 2 rape piccole, 40% di aceto di mele, 60% di acqua, 4 grani di pepe messicano, 4 grani di pimento giamaicano, 1 cucchiaio di semi di senape, 1 capsula di cardamomo, 2 rametti di aneto fresco, qualche foglia fresca di levistico o di sedano bianco, fiocchi di peperoncino, 2 cucchiaini di miele, 1 cucchiaino di sale.

Mettete sul fuoco una casseruola con l’acqua e l’aceto, il pepe, il pimento, il cardamomo , i semi di senape il miele e il sale.
In un pentolino portate a bollore circa 1 litro di acqua. Nel frattempo lavate la rapa e i ravanelli. Private gli ultimi delle foglie, ma non buttatele che vi aspetto per altre ricette. Tagliate ravanelli e rapa a rondelle con l’aiuto di una mandolina. Mentre le cipolle tagliate leggermente più spesse, o con la mandolina se la vostra possiede lame che si possono distanziare, altrimenti con un coltello molto affilato.
Le cipolle tenetele da parte, in un colino. Quando l’acqua starà bollendo, versatela lentamente sopra le cipolle, per scottarle. Scolate bene ed iniziate a distribuire nei vasetti le verdure. A metà vasetto aggiungete i rametti di aneto e levistico. Con l’aiuto di un cucchiaio prendete i semi di senape e distribuiteli nei due vasetti. Fate la stessa cosa con il pepe e il pimento. Potete aprire la capsula di cardamomo, prelevare i semi e dividerli nei due vasetti. Coprite con l’acqua acetata bollente le verdure e riempite fino ad un centimetro e mezzo dal bordo dal bordo. Chiudete con il coperchio e lasciate raffreddare.
Potete consumarli subito non appena si saranno raffreddati. O ancora più buoni da giorno dopo in poi. Sono perfetti nei panini, o per dare brio ad insalate poco saporite.

spicy pickled radishes

Questo tipo di conserva si può fare anche fermentato.

Leggete il libro di Dunja Gulin

cibi fermentati

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2 comments

Vicaincucina 10 Aprile 2016 - 12:17

“Turist in propria tara..” Anch’io mi sento straniera, dovunque… anche a casa mia. L’ho letto due volte.. brividi di un’intensità pazzesca.. ♡

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Rebecka 10 Aprile 2016 - 14:38

Grazie di cuore cucciola. Forse proprio tu potevi comprenderlo pienamente, proprio perché tu hai lasciato un luogo e una vita per un’altra.
E’ un sentimento prevaricante questo, certe volte, che ci pone in cattiva luce con chi in un diverso ambiente non si è integrato perfettamente, subendo una certa metamorfosi. Così, finiamo per sentire oltre al senso di smarrimento, anche il senso di inadeguatezza e colpa, perché abbiamo fatto un passo in più, un passo che è stato fondamentale per sentirci meno estranee al luogo che viviamo tutti i giorni, ma che nel contempo ci ha portate al sentirci straniere ovunque. Noi sai quante volte mi sono sentita recriminare dai conterranei il fatto che io ora parli e scriva meglio in italiano che in rumeno. E certe volte il senso di colpa mi si è incollato addosso, altre ho sorriso e girato i tacchi, perché sono riuscita ad essere ciò che dovevo e sentivo di dover essere.

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