Dandelion and asparagus egg drop soup

by Rebecca
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dandelion and asparagus soup

{English recipe below} Sono una persona sentimentale, i più lo sanno. Sono una persona fortemente legata alla sua terra, ancor più, sono fortemente legata alla cucina, al cuore e alle mani che mi hanno nutrita e cresciuta.
Quelle mani che ogni singolo giorno, sul mercato contadino di Craiova, si immergevano a prendere la pienezza della terra e del lavoro di quelli considerati poveri, che abitavano le campagne. Se solo quelli di allora (e non d’oggi!) avessero compreso quanta ricchezza c’è nelle mani di un contadino, quanta ricchezza c’è nel loro cuore, nella loro anima gioiosa, nei loro occhi che tutto osservano e tutto conoscono.
I saperi di allora erano molteplici e se affidarsi al fato e alle fate dava frutti più prodigiosi che affidarsi alle tecnologie, i contadini di allora non lo hanno mai saputo. Loro non conoscevano altro che la luna, le “sante” divinità del panteon dacico che la chiesa ortodossa aveva adottato. Non conoscevano altro che la zappa e una terra sulla quale spaccarsi la schiena duramente. Perché le macchine agricole non erano per il povero contadino, ma solo per le grandi industrie comuniste che non destinavano nulla al popolo, se non la fame.
Così, forse solo per quelle divinità e per quelle mani arse di sole, sporche di terra, quei frutti erano tutti più buoni, più saporiti, più succosi.
Nonna girava il mercato contadino e ogni singola bancarella con il suo cesto morbido e le borse di tela. Lei prendeva i mazzi di erbe, li scuoteva, ne annusava l’odore, guardava la brillantezza dei colori, il turgore delle foglie e poi decideva cosa avrebbe messo nel grande cesto. Immergeva le dita nelle ciliegie, nelle fragole e le prendeva a mani piene. Girava e rigirava i peperoni, le zucchine, i meloni, ogni singolo pomodoro profumato. Niente era mai abbastanza turgido e carnoso e profumato e allora i suoi contadini per accontentarla le davano sempre un pomodoro in più, un filo di basilico, di prezzemolo o di aneto in più.
Aspettavamo in fila fuori dal panificio per prendere quel pane appena sfornato, caldo, che sa di grano, di campi riarsi dal sole, di distese romene belle solo come nelle favole.
Prendevo sempre il ‘culo’ del pane. Quello era il mio, da mordere con gola e fame e gustare nel breve tragitto a piedi fino a casa.
Nonna, piegata sul grande lavello di ceramica in cucina, in quel luogo che abitava tante ore al giorno, era per me come un quadro animato. In primavera la luce filtrava dalle grandissime finestre spalancate e rendeva ai miei occhi tutto più radioso e magico. La frutta e la verdura facevano grandi bagni nell’acqua e il rumore dei mestoli, dei coltelli, dei passi sul pavimento di graniglia erano una sinfonia che si accompagnava al canto delle tortore che abitavano gli altissimi pioppi intorno a casa.
In quella luce, anche le robuste e lucide foglie del pioppo sembravano appartenere a un mondo magico, mentre danzavano nel vento cantando la loro musica.
Io volevo aiutarla sempre nonna. E se non l’aiutavo, mi perdevo le ore ad osservarla cucinare e tutto quello che so e tutto quello che sono diventata nella mia cucina, io lo devo a lei.
Anche io tocco, annuso, anche io ho bisogno di sentire ogni singolo ingrediente. Anche io uso le mani come unità di misura. Potrei avere mille saliere bellissime per dosare il sale, ma io userei sempre solo le mani. Forse infondere la propria energia ad ogni ingrediente rende una pietanza più buona. Forse per questo, usando le mani spesso, se si cucina con amore, tutte è più gustoso.
Durante le lunghe settimane di primavera, quelle che confluiscono già nell’estate, incontrarsi intorno al tavolo della cucina era obbligatorio. Io sgranavo i piselli a kili, mentre nonna faceva friggere le cosce di pollo e cuoceva le patate novelle con quella buccia che si sfoglia durante la cottura e diventa croccante.
Cucinare, dopo il lungo e freddo inverno, era davvero bello. Ci si riempiva la testa e la bocca di voglie da soddisfare e solo il mercato era la nostra grande dispensa.
Certe volte al mercato nonna andava da sola e tornava trionfante con mazzi di romice acetoso, di tarassaco, di levistico, spinacio montano (atriplice degli orti), di cipollotti e aglio con i loro bei ciuffi verdi, di basilico, di aneto e prezzemolo e poi una grande bottiglia di vetro piena di latticello.
Lavava, affettava, rimestava, condiva, assaggiava, condiva, aggiungeva ed assaggiava di nuovo. Infine metteva nei piatti fondi mestolate di minestra primaverile e poi aggiungeva il latticello.
Sono cresciuta con il sapore e il profumo della primavera in bocca. Sapori che alcune volte non sono più stata in gradi di replicare.
La minestra di tarassaco con uova stracciate era una di quelle delizie, ma che mi è facile replicare ogni volta che desidero, seguendo i gesti di nonna.
Gli asparagi ai tempi della mia fanciullezza erano una rarità di contrabbando che arrivava dalla Germania o dall’Olanda e vennero introdotti nelle cucine dei più solo dopo la caduta del comunismo. Ma io oggi non ho lesinato e ne ho messi quanto basta per dare il sapore di un tempo alla mia minestra.
Vi assicuro che, oltre a mettere una buona dose di primavera nel piatto, potrete di certo gustare una pietanza che è un po’ il simbolo delle tavole contadine di una volta. Prodotti “poveri”, semplici, gustosi, che sanno di terra, di fatica e di tanto amore.
Ma senza indugiare ecco la ricetta…

Ingredienti per 4 persone: 200 gr di asparagi freschi, 300 gr di foglie di tarassaco, 1 cipolla dorata piccola, 2 cipollotti freschi con i loro ciuffi verdi, 2 spicchi d’aglio fresco, 3 cucchiai di burro, circa 30 gr di aneto e prezzemolo freschi, 1 cucchiaio di olio d’oliva, 600 ml di brodo di verdure, 1 uovo fresco, sale q.b.

In una casseruola a sponde alte, mettete il burro e l’olio e lasciate sciogliere lentamente. Tagliate finemente la cipolla e i cipollotti (senza privarli della gustosa parte verde dei ciuffi), metteteli nella casseruola e cuocete lentamente per circa 10 minuti, finché non saranno brasati e quasi trasparenti. Se dovessero rischiare di bruciarsi, aggiungete un paio di cucchiaio di brodo e mescolate.
Nel frattempo lavate e tagliate le foglie di tarassaco e tagliate a rondelle anche gli asparagi. Aggiungeteli alla cipolla, insieme alle erbe fresche, mescolate e coprite con il brodo di verdure. Aggiustate di sale e lasciate cuocere per circa 15/20 minuti. A cottura ultimata, spegnete il fuoco e aggiungete l’uovo sbattuto mescolando fin quando non si saranno formati dei piccoli straccetti.
Servite con panna acida, o yogurt greco o se lo avete, del latticello.

 

Dandelion and asparagus egg drop soup

The Most Springy Soup Ever! Directly from my childhood, from my granny's kitchen! A Bitter Delicious veggie soup symphony!
Preparazione5 minuti
Cottura25 minuti
Tempo totale30 minuti
Porzioni: 4
Chef: Rebecka G Sendroiu

Ingredienti

  • 200 gr of fresh asparagus
  • 300 gr of dandelion leaves
  • 1 small golden onion
  • 2 fresh spring onions
  • 2 cloves of fresh garlic
  • 3 tablespoons of butter
  • about 30 grams of dill and fresh parsley
  • 1 tablespoon of olive oil
  • 600 ml of vegetable stock
  • 1 fresh egg beaten
  • salt to taste

Istruzioni

  • In a saucepan, put the butter and oil and let it melt slowly.
  • Finely chop the golden and the spring onions, put in the saucepan and cook slowly for about 10 minutes, until they are brazed and almost transparent.
  • If necessary add a couple of tablespoon of broth and stir.
  • Meanwhile, wash and cut the dandelion leaves and cut asparagus into slices.
  • Add dandelion, asparagus and fresh herbs to the brased onions, stir and cover with the vegetable stock.
  • Season with salt and cook for about 15/20 minutes.
  • When cooked, turn off the heat and add the beaten egg stirring until you will have formed small strips.
  • Serve with sour cream, or Greek yogurt or buttermilk.

Note

Adapted from the recipe of my beloved granny Ana.

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2 comments

Daniela 15 Maggio 2018 - 23:54

Ottimo!

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Sabrina di Delizie&Confidenze 16 Maggio 2018 - 20:29

Un piatto invitante e delizioso!!! Mi piace molto!

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